Un
cartello posto all'ingresso del museo di Auschwitz,
ricorda ai visitatori che ci si appresta ad
entrare in un luogo dove è stata commessa
una tragedia fra le più gravi e orribili
della storia dell'uomo. Tutti coloro che visitano
il museo devono quindi assumere un atteggiamento
rispettoso della memoria di coloro che sono
stati barbaramente massacrati o hanno sofferto.
Provo
una certa emozione mentre oltrepasso il cancello
sovrastato dalla ben nota e beffarda scritta
Arbeit macht frei che, in tedesco,
significa il lavoro rende liberi. Per questa
porta i detenuti si recavano e tornavano dal
lavoro massacrante di tutti i giorni.
Sulla
piccola piazzetta accanto alle cucine, l'orchestra
del campo suonava delle marce che scandivano
il passaggio di migliaia di internati Le forze
di occupazione tedesco nazista della Polonia
durante la seconda guerra mondiale, aveva istituito,
tra il 1940 e 1945 tre grandi campi: Auschwitz
I, Auschwitz II Birkenau (campo di sterminio),
Auschwitz III Monowitz (campo di lavoro) e più
di quaranta sottocampi, comandati da Rudolf
Hoss.
Auschwitz
I è il lager principale, fu reso operativo
dal 14 giugno 1940, era anche il centro amministrativo
dell'intero complesso. Il numero di prigionieri
rinchiuso in questo campo variò tra le
15.000 e le oltre 20.000 unità.
Si
noti l'edificio che ospitava il primo
forno crematorio e la camera a gas.
Funzionò dall'agosto 1940 al luglio del
1943.
Qui
furono uccise, in una piccola camera
a gas ricavata dall'obitorio, o morirono,
a causa delle difficili condizioni di vita,
circa 70.000 persone, per lo più intellettuali
polacchi e prigionieri di guerra sovietici.
Gli uomini delle SS sul tetto, indossando maschere
antigas, versavano il famigerato Zyklon-B*
in grani attraverso i fori nella camera sottostante
che si trasfomava così in camera a gas.
Cuffie
alle orecchie, ascoltando la nostra brava guida,
entriamo nel Blocco 4. Vediamo foto agghiaccianti
che mettono a nudo le condizioni disumane dei
deportati, capelli umani, scarpe, pentole e
scodelle, creme, spazzole, barattoli, valigie
con il proprio nome scritto sopra...tutti oggetti
senza più un possessore.
Il
Blocco 10 è l'edificio
dove venivano fatti esperimenti scientifici, usavano
bambini e donne come cavie, ne studiavano la nascita
e la morte. Gemelli evirati, donne senza ovaie,
sterelizzati dall'odio di aguzzini che si sentivano
razza superiore.
Una
di queste foto ritrae il cortile dell'edificio
nel carcere di Auschwitz I, noto come Blocco
11, dove i prigionieri di Auschwitz
I, Auschwitz II (Birkenau) venivano portati
per la punizione per quello che i nazisti consideravano
reati gravi, come il sabotaggio o i tentativi
di fuga. All'interno, in una delle celle sotterranee
morì, tra gli altri, padre Massimiliano
Kolbe, che aveva accettato di morire per salvare
un altro prigioniero.
Furono
migliaia le esecuzioni sommarie che ebbero come
fondale questo muretto posto in fondo al cortile,
tra il Blocco 10 e il Blocco 11 (quello
della Gestapo). Lo scopo del muro nero è
stato quello di "proteggere" il muro
di mattoni rossi dalle pallottole sparate.
Nella zona denominata "piazza d'appello
e della forca collettiva", numerose
le esecuzioni pubbliche eseguite per impiccaggione
effettuate dalle SS, per terrorizzare gli altri
prigionieri. Sul muro c'è una bacheca
che ricorda che nel luglio del 1943 vi furono
impiccati dodici prigionieri politici polacchi
per aver avuto contatti con la popolazione del
posto.
Nel
pomeriggio siamo giunti alla Judenrampe, si
trova fuori, a qualche centinaio di metri
dal campo Auschwitz II ed è il luogo
dove arrivavano i treni merci dei deportati
prima che portassero i binari direttamente
all'interno. I deportati, appena scesi dal
treno, venivano selezionati l’80% circa
finiva immediatamente nelle camere a gas.
Il restante 20% lavorava nel lager, ma non
per produrre qualcosa, ma esclusivamente per
la sua gestione. Birkenau era solo ed esclusivamente
un campo di sterminio. Tutti i prigionieri
che vi lavoravano, lavoravano esclusivamente
per la ‘normale’ gestione del
campo. Le SS non facevano praticamente niente
se non controllare e il lavoro (come ad esempio
gasare le persone) veniva quasi interamente
svolto dai prigionieri.
Auschwitz
II – Birkenau è il luogo dove c’è
quella costruzione con una torretta e un arco
sotto il quale passavano i treni dei deportati,
è il simbolo di questo campo sterminio
dove persero la vita quasi un milione e mezzo
di persone, per lo più ebrei e zingari
condotti alle camere a gas immediatamente dopo
il loro arrivo. Birkenau era inoltre il più
esteso lager ed arrivò a contare fino
ad oltre 100.000 prigionieri. Gli internati,
reclusi separatamente in diversi settori maschili
e femminili, erano utilizzati per il lavoro
coatto o vi risiedevano temporaneamente in attesa
di trasferimento verso altri campi. Il campo
distava circa 3 chilometri dal campo pricipale
di Auschwitz I e fu operativo dall'8 ottobre
1941.
Foto scattata nel 1944
dove si effettuavano le selezioni degli Ebrei.
Al
di là del portone della morte, i binari
della Bahnrampe si protendono sino alle rovine
dei crematori II e III, fra cui spicca il Monumento
Internazionale alle Vittime del Nazifascismo.
Abbiamo visitato le baracche dove riposavano
i prigionieri e quella dove ci sono le latrine
del campo, entrabe evidenziano la privazione
di ogni dignità e personalità
della persona, di cui parlano Primo Levi e molti
altri testimoni.
Poi
ci siamo incamminati lungo la strada parallela
ai binari della Bahnrampe, a sinistra ci sono
le baracche in muratura e, a destra, il desolante
spettacolo dei camini delle baracche di legno,
distrutte dai tedeschi nella loro precipitosa
ritirata.
Quì
a lato si vedono i ruderi della camera a gas
e del crematorio II. In questo forno crematorio
vi si potevano bruciare circa 1440 cadaveri
in 24 ore. Alla fine del 1944 i tedeschi decisero
di smantellarlo e le SS lo fecero saltare in
aria il 20 gennaio 1945 per cancellare le prove
dell'olocausto.
Dopo esserci soffermati vicino alle macerie
del crematorio II, la guida ci ha illustrato
le varie fasi della "morte programmata"
dei deportati e i luoghi in cui queste si svolgevano:
lo spogliatoio dove veniva raccomandato a tutti
di ricordarsi il posto dove avevano appeso gli
indumenti in modo da poterli riprendere dopo;
la camera a gas sotterranea camuffata da doccia,
dove venivano ammassati i prigionieri, nudi,
ignari della sorte che gli attendeva; il deposito
dei corpi, che poteva contenere fino a duemila
cadaveri; i forni crematori.La stessa sequenza,
ricostruita, l'avevamo già vista in mattinata
in un plastico al Museo di Auschwitz I.
Ci
siamo quindi portati sul piazzale delle commemorazioni,
dove Daniel presidente di una cooperativa del
Consorzio Abele Lavoro, si è fatto portavoce
delle madri argentine di Plaza de Mayo, lasciando
un loro messaggio ad Auschwitz.
Visitiamo
la Sauna, un edificio che fu adibito alle procedure
d’immissione nel campo, dove i prigionieri
venivano privati dei loro effetti personali, dei
capelli e della dignità umana (sostituzione
del loro nome con un numero di matricola). Avveniva
la disinfestazione degli abiti con macchine a
vapore, la doccia e l' assegnazione delle divise.
Il percorso nella Sauna si concludeva nella stanza
in cui i prigionieri ricevevano le uniformi a
righe e gli zoccoli in legno.In
uno dei locali dell'edificio "sauna",
dal 2001 sono esposte le fotografie di molte famiglie
di Ebrei deportati, le cui foto furono rinvenuti
in una delle valigie che i nazisti non avevano
fatto in tempo a distruggere.
Usciti, la guida ci fa vedere ciò che resta
della baracca, detta Canada ( il termine allude
alla ricchezza), dove venivano ammassati tutti
i beni sottratti ai detenuti avviati alla morte
(vestiti, bagagli, oggetti personali, denti d’oro,
ecc...).
La
visita giunge al termine che è quasi
buio, mentre continuava a scendere una insistente
pioggia mista a neve. Saliamo sul pullman che
ci riporta a Cracovia, siamo stanchi e infreddoliti,
ma non ci lamentiamo per non sentirci in colpa
dopo tutto ciò che abbiamo visto e sentito.
Il muretto in fondo al cortile,
tra il Blocco 10 e il Blocco 11 aveva lo
scopo di "proteggere" il muro di mattoni
rossi dalle pallottole sparate.
Auschwitz II - Judenrampe,
è il luogo dove arrivavano i treni merci
dei deportati prima che portassero i binari direttamente
all'interno.
Torretta e un arco sotto il quale passavano i
treni dei deportati,
è il simbolo di Birkenau
Se
questo è un uomo
«Considerate
se questo è un uomo Che lavora nel fango
Che non conosce pace Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.»
Sono questi alcuni i versi introduttivi del romanzo
autobiografico di Primo Levi "Se questo è
un uomo", scritto tra il dicembre 1945 ed
il gennaio 1947.
Rappresenta la coinvolgente ma riflettuta testimonianza
di quanto fu vissuto in prima persona dall'autore
nel campo di concentramento di Auschwitz.
Levi ebbe infatti la fortuna di sopravvivere alla
deportazione nel campo di Monowitz - lager satellite
del complesso di Auschwitz e sede dell'impianto
Buna-Werke proprietà della I.G. Farben.
*
Zyklon B: Acido cianidrico allo stato solido cristallino:
i cristalli se riscadati emettono dei vapori altamente
tossici. Veniva utilizzato nella disinfestazione dei
pidocchi e fu utilizzato su larga scala per l'uccisione
di massa nelle camere a gas.
(Le
foto sono mie, di Stefano Bona e Fabrizio Debernardi)