Il 7 Marzo 2009 era la prima volta che mi recavo in Polonia, ci sono andato con un gruppo di cooperatori dell'Associazione "Re:social club" che faceva capo a "Base 202" della cooperativa Arcobaleno di Via Paolo Veronese a Torino. Ci ritornerò dieci anni dopo con un gruppo di 26 persone. Lo scopo principale del viaggio era la visita al campo di sterminio di Auschwitz e alla città di Cracovia. Ci ha accompagnati Matteo dell'associazione "Terra del Fuoco".
Avevo in quell'occasione apprezzato la compagnia di persone che non conoscevo nello stesso momento avevo rinsaldato con chi, normalmente, avevo un rapporto più stretto, condividendo con tutti loro questa mia esperienza.
Dopo l'arrivo a Cracovia in serata e la sistemazione in ostello "Lemon" ci siamo recati a cena in centro città, Al termine, ci siamo meravigliati di vedere tanta gioventù, di cui tanti universitari di diversa nazionalità, affollare le vie del centro e la bellissima e notevole Piazza del Mercato con i suoi stupendi palazzi ottimamente conservati dove al centro si trova quello che un tempo era il mercato dei tessuti.
Intorno alle nove del mattino di sabato 7 marzo siamo partiti da Cracovia che pioveva, con previsioni metereologiche tendenti al peggioramento, abbiamo percorso in pullman i sessanta chilometri che la separano da Auschwitz, per circa un'ora e, quando siamo giunti a destinazione, abbiamo notato che la segnaletica stradale indicava Oswiecim. Infatti "Auschwitz" non è altro che il nome che i tedeschi avevano sostituito al nome polacco di quel posto che era Oswiecim
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Ingresso di Auschwitz - Ci attende una guida la quale fa una raccomandazione a noi visitatori, di avere rispetto in quanto il campo di “Auschwitz” è un luogo della memoria, un cimitero dove piangere tutti i morti dello sterminio di massa per opera del Nazismo e non un luogo turistico. Infatti, un cartello posto all'ingresso del museo, scritto in inglese, ricorda ai visitatori che ci si appresta ad entrare in un luogo dove è stata commessa una tragedia fra le più gravi e orribili della storia dell'uomo. Tutti coloro che visitano il museo devono quindi assumere un atteggiamento rispettoso della memoria di coloro che sono stati barbaramente massacrati o hanno sofferto.

Provo una certa emozione mentre oltrepasso il cancello sovrastato dalla ben nota e beffarda scritta Arbeit macht frei che, in tedesco, significa il lavoro rende liberi. Per questa porta i detenuti si recavano e tornavano dal lavoro massacrante di tutti i giorni.
Sulla piccola piazzetta accanto alle cucine, l'orchestra del campo suonava delle marce che scandivano il passaggio di migliaia di internati Le forze di occupazione tedesco nazista della Polonia durante la seconda guerra mondiale, aveva istituito, tra il 1940 e 1945 tre grandi campi: Auschwitz I, Auschwitz II Birkenau (campo di sterminio), Auschwitz III Monowitz (campo di lavoro) e più di quaranta sottocampi, comandati da Rudolf Hoss.

Auschwitz I è il lager principale, fu reso operativo dal 14 giugno 1940, era anche il centro amministrativo dell'intero complesso. Il numero di prigionieri rinchiuso in questo campo variò tra le 15.000 e le oltre 20.000 unità. Si noti l'edificio che ospitava il primo forno crematorio e la camera a gas. Funzionò dall'agosto 1940 al luglio del 1943.

Qui furono uccise, in una piccola camera a gas ricavata dall'obitorio, o morirono, a causa delle difficili condizioni di vita, circa 70.000 persone, per lo più intellettuali polacchi e prigionieri di guerra sovietici. Gli uomini delle SS sul tetto, indossando maschere antigas, versavano il famigerato Zyklon-B* in grani attraverso i fori nella camera sottostante che si trasfomava così in camera a gas.

Il Blocco 10 è l'edificio dove venivano fatti esperimenti scientifici, usavano bambini e donne come cavie, ne studiavano la nascita e la morte. Gemelli evirati, donne senza ovaie, sterelizzati dall'odio di aguzzini che si sentivano razza superiore. Una di queste foto ritrae il cortile dell'edificio nel carcere di Auschwitz I, noto come Blocco 11, dove i prigionieri di Auschwitz I, Auschwitz II (Birkenau) venivano portati per la punizione per quello che i nazisti consideravano reati gravi, come il sabotaggio o i tentativi di fuga. All'interno, in una delle celle sotterranee morì, tra gli altri, padre Massimiliano Kolbe, che aveva accettato di morire per salvare un altro prigioniero.
Furono migliaia le esecuzioni sommarie che ebbero come fondale questo muretto posto in fondo al cortile, tra il Blocco 10 e il Blocco 11 (quello della Gestapo). Lo scopo del muro nero è stato quello di "proteggere" il muro di mattoni rossi dalle pallottole sparate.

Nella zona denominata "piazza d'appello e della forca collettiva", numerose le esecuzioni pubbliche eseguite per impiccaggione effettuate dalle SS, per terrorizzare gli altri prigionieri. Sul muro c'è una bacheca che ricorda che nel luglio del 1943 vi furono impiccati dodici prigionieri politici polacchi per aver avuto contatti con la popolazione del posto.

Auschwitz II – Birkenau è il luogo dove c’è quella costruzione con una torretta e un arco sotto il quale passavano i treni dei deportati, è il simbolo di questo campo sterminio dove persero la vita quasi un milione e mezzo di persone, per lo più ebrei e zingari condotti alle camere a gas immediatamente dopo il loro arrivo. Birkenau era inoltre il più esteso lager ed arrivò a contare fino ad oltre 100.000 prigionieri. Gli internati, reclusi separatamente in diversi settori maschili e femminili, erano utilizzati per il lavoro coatto o vi risiedevano temporaneamente in attesa di trasferimento verso altri campi. Il campo distava circa 3 chilometri dal campo pricipale di Auschwitz I e fu operativo dall'8 ottobre 1941.

Nel pomeriggio siamo giunti alla Judenrampe, si trova fuori, a qualche centinaio di metri dal campo Auschwitz II ed è il luogo dove arrivavano i treni merci dei deportati prima che portassero i binari direttamente all'interno. I deportati, appena scesi dal treno, venivano selezionati l’80% circa finiva immediatamente nelle camere a gas. Il restante 20% lavorava nel lager, ma non per produrre qualcosa, ma esclusivamente per la sua gestione. Birkenau era solo ed esclusivamente un campo di sterminio. Tutti i prigionieri che vi lavoravano, lavoravano esclusivamente per la ‘normale’ gestione del campo. Le SS non facevano praticamente niente se non controllare e il lavoro (come ad esempio gasare le persone) veniva quasi interamente svolto dai prigionieri.

Auschwitz II – Birkenau è il luogo dove c’è quella costruzione con una torretta e un arco sotto il quale passavano i treni dei deportati, è il simbolo di questo campo sterminio dove persero la vita quasi un milione e mezzo di persone, per lo più ebrei e zingari condotti alle camere a gas immediatamente dopo il loro arrivo. Birkenau era inoltre il più esteso lager ed arrivò a contare fino ad oltre 100.000 prigionieri. Gli internati, reclusi separatamente in diversi settori maschili e femminili, erano utilizzati per il lavoro coatto o vi risiedevano temporaneamente in attesa di trasferimento verso altri campi. Il campo distava circa 3 chilometri dal campo pricipale di Auschwitz I e fu operativo dall'8 ottobre 1941.

Al di là del portone della morte, i binari della Bahnrampe si protendono sino alle rovine dei crematori II e III, fra cui spicca il Monumento Internazionale alle Vittime del Nazifascismo.
Abbiamo visitato le baracche dove riposavano i prigionieri e quella dove ci sono le latrine del campo, entrabe evidenziano la privazione di ogni dignità e personalità della persona, di cui parlano Primo Levi e molti altri testimoni.

Poi ci siamo incamminati lungo la strada parallela ai binari della Bahnrampe, a sinistra ci sono le baracche in muratura e, a destra, il desolante spettacolo dei camini delle baracche di legno, distrutte dai tedeschi nella loro precipitosa ritirata.

Quì a lato si vedono i ruderi della camera a gas e del crematorio II. In questo forno crematorio vi si potevano bruciare circa 1440 cadaveri in 24 ore. Alla fine del 1944 i tedeschi decisero di smantellarlo e le SS lo fecero saltare in aria il 20 gennaio 1945 per cancellare le prove dell'olocausto.

Dopo esserci soffermati vicino alle macerie del crematorio II, la guida ci ha illustrato le varie fasi della "morte programmata" dei deportati e i luoghi in cui queste si svolgevano: lo spogliatoio dove veniva raccomandato a tutti di ricordarsi il posto dove avevano appeso gli indumenti in modo da poterli riprendere dopo; la camera a gas sotterranea camuffata da doccia, dove venivano ammassati i prigionieri, nudi, ignari della sorte che gli attendeva; il deposito dei corpi, che poteva contenere fino a duemila cadaveri; i forni crematori.

La stessa sequenza, ricostruita, l'avevamo già vista in mattinata in un plastico al Museo di Auschwitz I.
Ci siamo quindi portati sul piazzale delle commemorazioni, dove Daniel presidente di una cooperativa del Consorzio Abele Lavoro, si è fatto portavoce delle madri argentine di Plaza de Mayo, lasciando un loro messaggio ad Auschwitz.

Visitiamo la Sauna, un edificio che fu adibito alle procedure d’immissione nel campo, dove i prigionieri venivano privati dei loro effetti personali, dei capelli e della dignità umana (sostituzione del loro nome con un numero di matricola). Avveniva la disinfestazione degli abiti con macchine a vapore, la doccia e l' assegnazione delle divise. Il percorso nella Sauna si concludeva nella stanza in cui i prigionieri ricevevano le uniformi a righe e gli zoccoli in legno.In uno dei locali dell'edificio "sauna", dal 2001 sono esposte le fotografie di molte famiglie di Ebrei deportati, le cui foto furono rinvenuti in una delle valigie che i nazisti non avevano fatto in tempo a distruggere.

Usciti, la guida ci fa vedere ciò che resta della baracca, detta Canada ( il termine allude alla ricchezza), dove venivano ammassati tutti i beni sottratti ai detenuti avviati alla morte (vestiti, bagagli, oggetti personali, denti d’oro, ecc...).

La visita giunge al termine che è quasi buio, mentre continuava a scendere una insistente pioggia mista a neve. Saliamo sul pullman che ci riporta a Cracovia, siamo stanchi e infreddoliti, ma non ci lamentiamo per non sentirci in colpa dopo tutto ciò che abbiamo visto e sentito.
(Le foto sono mie, di Stefano Bona e Fabrizio Debernardi)
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... dieci anni dopo

7 Aprile 2019, dopo dieci anni, ho organizzato come Anpi di Chivasso un ritorno ad Auschwitz portando con me altre 25 persone desiderose di andare sui loghi della memoria, dove fu commesso il più atroce e disumano sterminio di persone innocenti.

Ritornare ad Auschwitz è stato come esserci per la prima volta. Il silenzio e il vuoto di Birkenau, rimasti dopo quella immane tragedia, colmato da una giornata insieme a tante altre persone lì come noi per essere testimoni.

Siamo andati, insieme alla guida polacca sig.ra Justyna, abbiamo oltrepassto il tristemente famoso cancello d’ingresso con la scritta “Arbeit macht frei” abbiamo visitato Auschwitz e Birkenau. Auschwitz è conosciuto nel mondo come luogo simbolo dove si è perpetuato lo sterminio degli ebrei ad opera dello Terzo Reich.


Auschwitz 7 aprile 2019

Con l'Anpi Provinciale di Torino ho organizzato altri quattro viaggi con lo scopo di Unire la storia del secolo scorso alla memoria e favorire la partecipazione alla vita democratica per contrastare ogni forma di pregiudizio, di razzismo e di xenofobia.

Il 10 settembre 2024 abbiamo utilizzato il nuovo centro visitatori, ultimato quindici giorni dopo l'ultima visita (15 giugno 2023) con passaggi sotterranei per l'entrata e l'uscita dal terreno del memoriale.
Il nuovo centro è stato costruito nelle immediate vicinanze dell'ex campo. Il progetto comprende un edificio d'ingresso che offre una libreria, un'area ristorazione, un parcheggio per autobus e auto, un deposito bagagli e servizi igienici.

Se questo è un uomo (Primo Levi)

«Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
»

Sono questi alcuni i versi introduttivi del romanzo autobiografico di Primo Levi "Se questo è un uomo", scritto tra il dicembre 1945 ed il gennaio 1947. Rappresenta la coinvolgente ma riflettuta testimonianza di quanto fu vissuto in prima persona dall'autore nel campo di concentramento di Auschwitz.
Levi ebbe infatti la fortuna di sopravvivere alla deportazione nel campo di Monowitz - lager satellite del complesso di Auschwitz e sede dell'impianto Buna-Werke proprietà della I.G. Farben.

* Zyklon B: Acido cianidrico allo stato solido cristallino: i cristalli se riscadati emettono dei vapori altamente tossici. Veniva utilizzato nella disinfestazione dei pidocchi e fu utilizzato su larga scala per l'uccisione di massa nelle camere a gas.

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